04/06/2025
Tempo di lettura: 2 min
L’ascolto empatico: la competenza più sottovalutata del nostro tempo

Viviamo nell’epoca della comunicazione istantanea.
Messaggi, vocali, notifiche, dirette, stories.
Siamo costantemente immersi in parole, suoni, stimoli visivi.
Eppure, in questo oceano di comunicazione…
quante volte ci sentiamo davvero ascoltati?
E quante volte ascoltiamo davvero, in profondità, qualcuno?
L’empatia non è solo “mettersi nei panni”
La definizione più diffusa di empatia è: “mettersi nei panni dell’altro”. Ma nella pratica relazionale, questa immagine rischia di essere fuorviante.
L’empatia non è proiezione. È presenza.
Non significa immaginare come ci sentiremmo noi al posto dell’altro, ma entrare in relazione senza confondere la nostra esperienza con la sua. Nel counseling e nel coaching, l’ascolto empatico è la base della relazione.
E si fonda su gesti tanto semplici quanto rari:
Accogliere l’altro senza volerlo aggiustare
Non interrompere, nemmeno mentalmente
Sospendere il giudizio e restare con quello che c’è
Non “prendere in carico” l’emozione, ma lasciare spazio perché si esprima
In altre parole, ascoltare empaticamente è “stare”, non “fare”.
È un atto di presenza attiva, non di passività.
Come si sviluppa (davvero) l’ascolto empatico
Tutti crediamo di saper ascoltare. Ma durante i nostri corsi, chi si forma come counselor o coach scopre che molto spesso ascolta per rispondere, non per comprendere.
L’ascolto empatico non è un talento innato.
È una competenza relazionale che si apprende e si allena.
Tre pilastri fondamentali che insegniamo nei nostri percorsi:
✔ Silenzio attivo
Il silenzio non è vuoto, se è carico di intenzione.
È lo spazio in cui l’altro può davvero sentire se stesso mentre parla.
È un silenzio che contiene, non che mette a disagio.
✔ Riformulazione empatica
Non è ripetere “a pappagallo”.
È restituire il senso emotivo di ciò che l’altro sta vivendo, con parole semplici e autentiche.
A volte basta un:
“Dev’essere stato davvero frustrante per te.”
“Mi arriva quanto sia stato importante.”
✔ Presenza corporea e non verbale
Empatia è anche postura, sguardo, respiro, tono di voce.
Il corpo ascolta, risponde e accoglie.
Se dici “ti capisco” ma il tuo corpo è già altrove, l’altro lo percepisce.
Perché è fondamentale per chi lavora con le persone
Educatori, genitori, terapeuti, formatori, HR, medici, infermieri.
Chiunque lavori con le persone sa che le tecniche funzionano solo se la relazione è solida.
L’ascolto empatico:
Riduce i conflitti
Aumenta il senso di fiducia reciproca
Favorisce un clima di collaborazione
Abbassa i livelli di stress in contesti ad alta intensità emotiva
Sblocca processi di cambiamento e guarigione
In uno spazio dove ci si sente visti, accolti e non giudicati, la persona può fiorire.
Non serve dire tanto. Spesso, serve ascoltare bene.
In un mondo che ci spinge a “parlare di più, più forte, più in fretta”, l’ascolto empatico è una scelta controcorrente. E proprio per questo, profondamente rivoluzionaria. Non è una tecnica, ma una disposizione interiore. E come tutte le disposizioni, può essere allenata, coltivata, trasformata.
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