07/07/2019
Tempo di lettura: 5 min
La “lotta” degli psicologi contro i counselor: facciamo un po’ di chiarezza?

Una testa fumante, anzi infuocata, a simboleggiare l’ormai nota battaglia che gli psicologifanno contro i counselor. Ma come stanno le cose? Con questo breve articolo, oggi,vogliamo fare chiarezza cercando di riportare i fatti con rigore e obiettività.
E’ inutile negarlo o fare finta di niente: il 2019 è iniziato con la riaccensione della battaglia che gli psicologi fanno, ormai da anni, contro i counselor. Una parte degli psicologi a dire ilvero. Ecco, iniziamo da qui: solamente una parte degli psicologi è contro i counselor e spesso, dietro questa battaglia, si nascondono motivazioni elettorali o si consumano battaglie interne all’Ordine. Ma che cosa contestano gli psicologi? E hanno torto? Vediamo di capirlo insieme.
Tutto nasce da un assunto: i counselor, che non hanno la medesima preparazione degli psicologi, operano nello stesso contesto/ambito della psicologia compiendo un abuso di professione. Tre anni di formazione sono in effetti pochi rispetto ai cinque di uno psicologo e al superamento di un esame di Stato. Concetto condivisibile ma che, a nostro giudizio, contiene un difetto di forma. Il percorso di counseling è appositamente più breve, più cortoe diverso da quello universitario per il semplice motivo che non stiamo formando la stessa professionalità. Quello che non dicono alcuni psicologi però è parecchio:
1. Le prime scuole di counseling in Italia sono state create proprio da psicologi epsicoterapeuti che, liberamente, hanno accettato e sfornato centinaia di counselor inpossesso di solo diploma e senza nessuna preferenza riguardo l’indirizzo del titolo distudio.
2. Per anni si sono insegnate tecniche e strumenti psicologici che non devonoassolutamente essere utilizzate da chi non è psicologo o psicoterapeuta. Il tutto nel silenziopiù totale.
3. Oggi le scuole di counseling, quelle più serie, hanno un ricco programma di studi che prevede l’erogazione delle scienze umane. La scuola di E-Skill, per esempio, eroga ben 44 ore solo di psicologia generale, dello sviluppo e psicopatologia oltre ad altre 32 ore di scienze umane (filosofia, pedagogia, antropologia). Non corrispondono forse alla stessa quantità di ore di alcuni corsi del primo anno universitario?
4. Intraprendere un percorso di counseling obbliga il partecipante a sostenere 25 ore dipercorso su di sé con uno psicoterapeuta e 50 ore di percorso di gruppo. Quante ore fauno psicologo? Nessuna, che ci risulti.
5. Sono previste 150 ore di tirocinio, il sostenimento di un esame finale e l’obbligo diformazione continua anche dopo la conclusione del percorso. La stessa formazionecontinua che adesso gli psicologi osteggiano per se stessi…
6. Il percorso di counseling è estremamente pratico e non solo teorico.
7. Molti psicologi al termine dell’Università si iscrivono al Corso Triennale di Counselingperché sostengono di non sapere come affrontare un colloquio con un paziente.
8. Le scuole oggi preparano seriamente i loro counselor sul riconoscimento di disturbi esulle modalità di invio ad altri professionisti
E questo è solo il presupposto: ci sembra già molto per delimitare al meglio i confini delledue professioni e per poter parlare di collaborazione e non di sovrapposizione o di abusoprofessionale.
Ma torniamo all’inizio del 2019. A gennaio gli psicologi sbandierano ai 4 venti una notizia (manipolata) che suona come: “i counselor sono fuori legge, lo dice anche il Ministero della Salute” riportando una lettera che il Ministero scrive a UNI. Notizia che genera caos: da unaparte psicologi trionfanti che festeggiano e urlano già alla chiusura delle scuole di counseling, e dall’altra counselor professionisti e in formazione che si spaventano. Ma la verità dove sta? In questo: a seguito dell’apertura del tavolo UNI sulla normativa della figuradel counselor (tra l’altro procedura prevista dalla Legge 4/2013 che norma le libere professioni), l’Ordine degli Psicologi ha sollecitato il Ministero della Salute a formulare una richiesta a UNI per fermare lo stesso tavolo. Nella lettera (qui il link) si legge testualmente: ” Inoltre, – il CNOP con la medesima delibera ha individuato il counseling tra le attività che, ai sensi e per gli effetti del comma 2 dell’art. 1 della legge 4/2013, non possono essere riconosciute ad una professione non regolamentata. Pertanto atteso quanto sopra si chiede a codesto Ente di normazione di voler sospendere le operazioni sul progetto di norma n. 1605227 sulla figura del “Counselor””. Dove si evince che il Ministero della Salute dichiara il non riconoscimento? Da nessuna parte: è il CNOP che afferma ciò, non il Ministero. Quest’ultimo, inoltre, chiede ad un ente privato di sospendere una procedura prevista da una Legge! Situazione un po’ paradossale e comunicazione evidentemente manipolata. Due giorni dopo esce la tanto attesa sentenza del Consiglio di Stato: una battaglia lunga che ha visto la momentanea sospensione di Assocounseling come associazione iscritta al MISE. Sentenza a favore di Assocounseling che viene riammessa al MISE. E cosa fa Altrapsicologia, promotrice insieme al CNOP, tra l’altro, della battaglia? Afferma che si tratta di “una vittoria di Pirro per i counselor” e che nulla cambia: il counseling è e rimane degli psicologi. E allora, ci chiediamo noi, perché scendere in guerrase si tratta di una vittoria di Pirro? L’interrogativo rimane aperto.
Concludiamo ricordando che il counseling nasce per la prima volta negli USA non a opera di Carl Rogers negli anni 50, ma di Frank Parsons, un ingegnere impegnato nel sociale, in un’attività di orientamento professionale e scolastico alle persone delle classi sociali più deboli.
E ci sarebbero molte altre cose da dire, non ultima la sospensione della Consensus Conference a seguito dell’uscita di Altrapsicologia dal tavolo dopo essere stata per mesi uno dei membri della stessa Consensus. Che dire…le elezioni (gli psicologi voteranno i lori vertici a novembre) sono vicine.
Ma qual è il nostro invito? Leggere attentamente tutte le fonti (comprese ovviamente le nostre e quelle del mondo del counseling), compararle, incrociare i dati e ricordarsi che le leggi le fa solo lo Stato e non gli Ordini Professionali. La strada è ancora lunga, ma noi siamo dell’opinione che un confronto sia possibile e che costituisca un passo necessario per spingere noi scuole di counseling a proporre sempre percorsi di studio efficaci, altamente professionali e “corretti”. Ben venga una normativa: noi la stiamo aspettando!
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