21/01/2021

Tempo di lettura: 4 min

Il dubbio di una scelta

Scegliere fa parte della vita e si presenta praticamente in ogni momento. Ma perché è così difficile scegliere? Esiste la “non scelta”? E un counselor come può aiutare un cliente nella scelta? Oggi abbiamo scelto, sì lo abbiamo fatto, di parlare proprio di questo.

La scelta è un libero atto di volontà che un individuo compie di fronte ad una serie diopportunità che gli si presentano e, dopo aver valutato vantaggi e svantaggi delle stesse,opta per quella che reputa la migliore.

E’ un atto basato su un’elaborazione soggettiva dei dati, delle informazioni, delleesperienze vissute e delle conoscenze in possesso dell’individuo ed è influenzato da altrifattori come la fiducia in se stessi, l’equilibrio emotivo, le esperienze disuccesso/insuccesso, la scala di valori.

Scegliere è un atto praticamente quotidiano. Quante volte in un giorno compiamo delle scelte? Praticamente sempre. Dal mattino, quando ci svegliamo e prima di uscire per iniziare la giornata decidiamo come vestirci, quale strada fare, se prendere l’ascensore o fare le scale, se portarsi qualcosa da mangiare in ufficio o uscire (poco di questi tempi) al bar, se salire in macchina, andare a piedi o prendere i mezzi pubblici fino a sera quando torniamo a casa.

Scegliamo sempre e lo facciamo quasi inconsapevolmente.

Ma allora perché, a volte, la scelta può essere così difficile? Difficile tanto da bloccarci,illuderci di poter non scegliere, procrastinare e pensarci il giorno dopo.

E così ci troviamo in una situazione di stallo, di dubbio che ci immobilizza e ci fa stare male.

Molti sono i fattori che entrano in gioco quando siamo di fronte ad una scelta:

– la paura di perdere qualcosa. Quando siamo di fronte a due o più opzioni riaffiora in noi il bambino che vuole tutto e non è disposto a rinunciare a niente. E allora il dubbio: e se scegliamo questo invece di quello cosa perdiamo? Ecco che ci sentiamo frustrati e ci soffermiamo più su ciò che perdiamo che non su quello che acquistiamo una volta operata la scelta;

– la paura del giudizio. Temiamo il giudizio degli altri siano essi i genitori, gli amici, il gruppo al lavoro, la società in genere e questo ci porta a fermarci e a valutare più ciò che potrebbero pensare gli altri che ciò che realmente vogliamo;

– la paura di sbagliare. Ci comportiamo un po’ come l’asino di Buridano (se non loconosci puoi cliccare qui)…tiriamo da una parte e dall’altra ma in realtà non facciamo nulla;

l’incapacità di assumersi le proprie responsabilità. Se tardiamo a decidere, qualcuno o qualcosa deciderà per noi e potremo pensare di essere stati costretti da un fattore esterno ad operare quella scelta piuttosto che un’altra e quindi sentirci meno “colpevoli”.

E potremmo continuare ancora perché in realtà la tematica è molto ampia e decisamente complessa di quanto questo post possa mettere in luce. I fattori che entrano in gioco infatti non solo sono molti ma dipendono anche dal vissuto personale di ogni individuo, dall’ambiente in cui opera e dal modo in cui si fa influenzare da esso.

Molti clienti si rivolgono ad un counselor proprio quando devono prendere una decisione esi trovano in una situazione di stallo, di impasse che li paralizza.

Quale lavoro fare quindi? Quali aree analizzare con il cliente?

Sicuramente la fiducia in se stessi, il senso di autoefficacia personale e l’autostima sono fattori determinanti. Analizzare il contesto in cui il cliente si muove, le emozioni che prova riguardo la scelta e aiutarlo a prendere in esame tutte le opzioni e le risorse che ha a disposizione ricordandosi di far valutare anche le conseguenze della propria scelta e la suaecologia. Molte volte infatti ci si ferma a comprendere quale sia la scelta da effettuare e ci sidimentica delle conseguenze che questa comporta: il cliente ne è consapevole? Le ha valutate? E’ in grado di gestirle responsabilmente?

Ma qual è la cosa più difficile per il counselor? Rispettare il fatto che la scelta è del cliente. Il counselor non è un consulente né un consigliere: non deve decidere per il cliente, né tantomeno indirizzare o suggerire. Deve rimanere accanto al cliente nella sua scelta.

Scegliere di diventare counselor significa supportare l’altro senza sostituirsi ma riconoscendone autonomia, risorse, responsabilità. Aiutare, nel caso del counseling, significa aiutare a fare luce su un momento o situazione di incertezza, non significa aiutare a tutti i costi; significa anche saper dire “no, non posso aiutare”; significa saper stare alla giusta distanza tra ciò che il cliente decide e ciò che secondo noi sarebbe meglio fare.

Se non sa fare questo un counselor…beh ha fatto una scelta sbagliata.

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